In queste sale è ben rappresentato il mondo della pesca, da sempre simbolo e orgoglio di Garda: un gondolino perfettamente ristrutturato, vari tipi di rete, supporti per tirlindana, fiocine e arpioni, oltre attrezzi e supporti di vario genere per le attività di pesca e conservazione del pescato.
Al centro della sala dedicata a Ida Borletti è posta la parte superiore del Pal del Vo’, il palo che fino a qualche decennio fa emergeva dal lago per segnalare la presenza della Secca del Vo’, una zona pescosissima appartenente alla Peschiera di S. Vigilio e i cui diritti di pesca appartengono, secondo antica tradizione, alle Corporazioni degli Antichi Originari di Garda e Torri. Tali diritti furono acquistati nel 1452 dagli abitanti Originari di Garda, Torri e Sirmione dai conti Becelli di Costermano, a fronte di 1000 ducati d’oro. Nel 1700 Sirmione si ritirò e i diritti rimasero alle comunità di Garda e Torri che, per consuetudine, li detengono tuttora.
Alla sommità del Pal del Vo’, su una bandiera di latta che indica i proprietari del diritto di pesca, compare la scritta Corporazione degli Antichi Originari di Garda e Torri.
Alla Corporazione, una delle più antiche d’Italia ancora in essere, appartengono i discendenti di coloro che acquistarono i diritti nel 1452. Annualmente i diritti di pesca vengono ancora messi all’asta e i proventi vengono suddivisi simbolicamente il 20 agosto tra i discendenti delle antiche famiglie originarie.
Al centro della sala dedicata a Liliana Pincini vi sono alcune attrezzature per la pesca al traino. Si tratta di lunghi fili in rame o di lunghe catenelle che potevano essere arrotolati su un cilindro di legno (matross) oppure contenuti in una cassetta (tirlindana) alle cui estremità venivano attaccate esche vive o artificiali (latte e ancorette). Tali strumenti, introdotti nel lago di Garda intorno al 1850, hanno rivoluzionato la pesca consentendo, anche a chi non possedeva costose reti di cotone, di catturare le trote e i pregiatissimi carpioni, questi ultimi pesci presenti solo sul Garda.
Infine vanno segnalati i due contenitori forati (turbet) che, immersi nell’acqua del lago, venivano utilizzati per contenere il pesce appena pescato in eccesso e mantenerlo vivo.
Una tipica barca da pesca gardesana e appesa sopra ad essa una rete a catino denominata remat, lunga fino a 400 metri e che consentiva grandi catture.
Due contenitori forati (turbet) : immersi nell’acqua del lago contenevano il pesce pescato per mantenerlo vivo.